6 Ottobre 2024

Cos’è un distretto sanitario

Il distretto costituisce un’articolazione di un’azienda, che in un definito ambito territoriale governa la domanda sanitaria e organizza l’assistenza primaria erogata dai servizi territoriali (D: Legs 229/99).

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Esercita quindi le funzioni sanitarie e socioassistenziali d’interesse locale nel territorio di competenza, per garantire una risposta coordinata e integrata ai bisogni della popolazione di riferimento. Il criterio della suddivisione in distretti tiene conto di variabili geografiche e socio – demografiche, impostazione del sistema viario e di trasporto, dimensione complessiva dei fattori di produzione presenti (sedi, prestazioni erogate, personale) e loro distribuzione sul territorio.

I compiti del distretto sanitario

Il distretto sanitario:

  • contribuisce a identificare i principali bisogni della popolazione di riferimento e il sistema di offerta in grado di soddisfarli;
  • assicura l’assistenza primaria attraverso la gestione delle strutture e dei servizi presenti sul territorio;
  • coordina e integra tra loro le attività di assistenza sanitaria territoriale con l’assistenza sociale e la prevenzione, mettendo a punto obiettivi e azioni coerenti;
  • programma le attività territoriali sulla base delle priorità indicate dalle istituzioni locali e degli obiettivi e delle risorse definite con la direzione generale;
  •  valuta l’efficacia dei servizi attraverso la verifica delle attività svolte e dei risultati raggiunti.

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Normativa nazionale sui Distretti sanitari

Si forniscono, di seguito, le indicazioni sui principali riferimenti normativi nazionali sul significato e sulle funzioni generali del distretto, in modo da fornire un quadro sintetico e di facile lettura dell’evoluzione legislativa sul tema.

 

La legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale prevede all’art. 10 la possibilità di articolare l’unità sanitaria locale in distretti, quali strutture tecnico-funzionali per l’erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento. La costituzione dei distretti è prevista come “eventuale” ed è affidata ai Comuni, con funzioni limitate (erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento), pur riconducendosi ai principi di diffondere i servizi di assistenza primaria sul territorio indicati dalla Dichiarazione di Alma Ata dello stesso anno 1978. L’attuazione concreta nelle Regioni dei distretti non è stata uniforme, e gli stessi hanno generalmente svolto una limitata funzione di sportelli decentrati di servizi di tipo amministrativo, di prenotazione di visite specialistiche ed esami diagnostici, talora con presenza di un infermiere e di alcune figure specialistiche una o più volte la settimana. Anche la dimensione territoriale dei distretti era piuttosto limitata (spesso 5.000-10.000 abitanti), come conseguenza della scelta legislativa sulla dimensione delle Unità sanitarie locali. La Legge 833/78, infatti, prevede che le unità sanitari locali comprendano, di norma, tra i 50.000 e i 200.000 abitanti, salvo deroghe regionali per caratteristiche territoriali o demografiche.

Come modificato dal decreto legislativo n. 517 del 1993.

Fornisce le prime indicazioni sul distretto nell’ambito di un processo di riforma del Servizio sanitario nazionale basato sui principi di regionalizzazione ed aziendalizzazione.

Il distretto sanitario cambia significato, collocandosi all’interno di unità sanitarie locali che si trasformano in aziende e con dimensioni “di norma” provinciali, pertanto ben più ampie di quelle previste dalla legge n. 833/78.

Il distretto si configura come articolazione organizzativa dell’azienda unità sanitaria locale, insieme ai presidi ospedalieri e al nascente dipartimento di prevenzione. Il decreto contiene un solo riferimento al distretto, all’art. 3, comma 5, dove stabilisce che “spetta alla Regione disciplinare le modalità organizzative e di funzionamento delle Aziende USL, definendo, tra l’altro, l’articolazione delle USL in distretti” .

Tuttavia, questo semplice riferimento fa assumere una funzione del tutto nuova al distretto, che – come i presidi ospedalieri e il dipartimento di prevenzione, dovrà essere un centro di governo e non solo di erogazione di servizi; dovrà pertanto, portare i servizi il più possibile vicino ai luoghi di vita delle persone, e cercare di dare risposta ad un bisogno di integrazione sociosanitaria che nel D.Lgs. 502/92 non è affrontata in modo specifico.

Pur non essendo indicato in modo specifico, il distretto dopo questa riforma diviene un centro di organizzazione con un proprio “Dirigente”, anche se non è chiarita la formazione specifica richiesta, né le funzioni da svolgere (inoltre spesso il distretto non è collocato tra le “strutture complesse”).

Rimane, di fondo, l’ambiguità di capire cosa sia realmente il distretto; interessante notare come alcune Regioni accedano ai fondi previsti dal programma straordinario di investimenti ex art. 20 della legge 67 del 1988 per “costruire” un distretto, che in pratica è semplicemente un poliambulatorio.

Inserisce “la realizzazione del distretto” tra gli interventi prioritari da conseguire nel triennio. Il Piano fornisce le prime indicazioni operative sul significato del distretto all’interno della nascente azienda USL. Ne sottolinea, in particolare, la funzione di “luogo naturale per realizzare un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi che erogano le prestazioni sanitarie e tra questi e i servizi socio – assistenziali”. Questo elemento evidenzia uno degli aspetti di maggiore rilievo del distretto, e anche di maggiore complessità: la capacità di integrare professionisti diversi, spesso appartenenti a servizi sanitari separati (sia da un punto di vista funzionale sia strutturale, ossia collocati in sedi differenti, come consultori, strutture residenziali, centri di salute mentale), e di integrare gli stessi servizi, con percorsi assistenziali ben definiti. Inoltre il distretto deve assumersi il compito di garantire l’integrazione sociosanitaria, avvicinando i servizi e i professionisti sanitari con i servizi e i professionisti dell’ambito sociale. Il Piano fornisce alcune indicazioni sulle attività collocabili a livello distrettuale: il supporto all’attività dei medici di medicina generale, l’assistenza domiciliare integrata, il coordinamento dell’assistenza semiresidenziale e residenziale. Rimangono, tuttavia, aperti ancora molti interrogativi sul distretto, come ben evidenziano le esperienze regionali in materia, che risultano molto differenziate.

E’ un riferimento fondamentale sul distretto, che si arricchisce della letteratura e delle esperienze regionali maturate in oltre dieci anni di ricerca di un luogo di riferimento per la cronicità e l’integrazione sociosanitaria. Va tenuto conto della scelta di fondo del Piano, che assume l’obiettivo di definire strategia della salute in forma attiva, che comprende non solo il tradizionale ambito di prevenzione, cura e riabilitazione, ma assume un ben più ampio ruolo di promozione attiva della salute, incidendo sugli stili di vita, e pertanto richiedendo un cambiamento culturale ed organizzativo che richiede la stipula di un patto di solidarietà tra i diversi attori che incidono sui determinanti della salute, come l’ambiente, il sociale, l’istruzione, l’imprenditoria, la comunicazione. In questo quadro il distretto assume chiaramente tre funzioni fondamentali: costituisce centro di governo ed organizzazione dei servizi di assistenza sanitaria territoriale; di integrazione sanitaria e sociosanitaria; di punto di riferimento unico per il cittadino per l’accesso a tutti i servizi sanitari dell’azienda unità sanitaria locale. Inoltre il Piano sanitario nazionale riconduce l’assistenza distrettuale ad un unitario “livello assistenziale di assistenza”, che comprende all’interno i tre livelli di assistenza territoriali che il Piano sanitari nazionale 1994-1996 prevedeva in forma separata (Livello “assistenza sanitaria di base”, livello “assistenza specialistica, semi – residenziale territoriale”, livello “assistenza residenziale sanitaria”), ma fortemente integrati e correlati. Il Piano evidenzia il ruolo del Medico di Medicina Generale e del Pediatra di Libera Scelta, che devono essere fortemente integrati nel distretto, valorizzando la loro fondamentale funzione di guida e riferimento per le persone e le famiglie. Il distretto diviene luogo di integrazione sanitaria e sociosanitaria, a livello istituzionale, gestionale, professionale. Sugli aspetti organizzativi, il Piano ribadisce che il distretto è una struttura operativa dell’Azienda Unità sanitaria locale, come prevedeva il D.Lgs. 502/92, ma chiarisce anche che il distretto deve oprare con autonomia gestionale nell’ambito dei programmi aziendali, perseguendo obiettivi di salute e non solo di assistenza, tenendo conto dei piani di zona dei servizi sociali.

Delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti delegati per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale sulla base di una serie di principi e criteri generali. Tra questi alcuni assumono una valenza immediata per il distretto: si sottolinea che occorre perseguire l’integrazione dei servizi sanitari e dei servizi sociali, come strategia per creare un più ampio ed efficace sistema di offerta di servizi per i cittadini, che richiedono percorsi di cura complessivi, e pertanto integrati negli aspetti sanitari e sociali. Si prevede, inoltre, la realizzazione di una efficace integrazione fra le attività del livello operativo dell’Azienda USL e l’attività del medico di famiglia, al fine di garantire una offerta di prestazioni il più possibile “a misura” del cittadino, ed anche per consentire una sensibile riduzione della domanda di ospedalizzazione o istituzionalizzazione, con conseguenti minori costi umani ed economici. A tal fine la legge delega indica: “L’organizzazione delle attività a livello di distretto dovrà, pertanto, essere tale da tenere aperto un costante canale di comunicazione con i medici di famiglia, che rappresentano i principali ordinatori di prestazioni e, quindi, di spesa”. I principi a cui si fa riferimento sono contenuti all’art. 2, comma 1, ai punti : bb) – I distretti; b) – Integrazione a livello distrettuale dei servizi sanitari con quelli sociali.

  • Decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 e successive modificazioni ed integrazioni, recante “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, in attuazione dell’art.1 della legge n. 419/98”.

Il decreto dedica al distretto ben 3 norme: art. 3-quater “distretto”, art. 3-quinquies “funzioni e risorse del distretto” e art.3-sexies “Direttore di distretto”. Risultano, inoltre, altrettanto importanti le norme sull’integrazione socio-sanitaria contenute negli articoli successivi : 3-septies e 3-octies. Il primo riferimento è contenuto, inoltre, nelle competenze aziendali indicate all’art. 3, comma 1-bis: spetta al Direttore generale articolare l’azienda unità sanitaria locale in distretti, nell’ambito dell’atto aziendale, sulla base dei criteri indicati dalle regioni, ed in particolare tenendo conto delle peculiarità demografiche e territoriali.
La normativa è particolarmente analitica, a testimonianza sia dell’importanza riconosciuta al distretto nel sistema sanitario, sia delle difficoltà, ad oltre un ventennio dalla prima ideazione della struttura, a renderla pienamente funzionante. L’analiticità è stata contestata da diverse Regioni, in quanto comporterebbe un’autonomia regionale in materia di organizzazione dei servizi sanitari. In ogni caso l’art. 3-sexies chiarisce che si tratta di una disciplina non obbligatoria in tutti gli aspetti di dettaglio, ma solo nei principi fondamentali, e che la normativa ha valore residuale, ossia “ove la Regione non disponga diversamente, valgono le disposizioni nazionali”, a ulteriore testimonianza della necessità di attuare i distretti, rilevata dal legislatore come fondamentale.

Rispetto al ruolo, il distretto è considerato lo strumento essenziale per ricollocare al centro del nuovo Ssn le necessità dei cittadini e coinvolgere gli operatori a spostare l’attenzione dall’assistenza ospedaliera all’assistenza territoriale. Nel nuovo modello, il distretto è il sistema al quale è riconosciuta la responsabilità di governare la domanda (ruolo di committenza – valutare quali servizi per quali bisogni) e gestire i servizi sanitari territoriali (ruolo di produzione). Dal punto di vista operativo il distretto assume le funzioni già indicate dal Piano sanitario nazionale 1998-2000: costituisce il punto di riferimento per tutti i cittadini nello specifico ambito territoriale per l’accesso a tutti i servizi dell’azienda unità sanitaria locale; il polo unificante di tutti i servizi sanitari e socio-assistenziali territoriali; nonché il luogo di integrazione sanitaria e sociosanitaria. Si disciplina anche il ruolo e la funzione del Direttore di distretto, si chiarisce che il distretto dovrebbe essere una struttura complessa (come deriva da una serie di indicazioni: il Direttore di distretto è responsabile degli obiettivi e delle risorse assegnate e fa parte integrante del Collegio di direzione). Interessanti alcune norme: il distretto ha una dimensione molto ampia, ossia “di norma” 60.000 abitanti, salvo deroghe per aspetti territoriali e demografici, e tra i suoi compiti è inclusa l’erogazione dell’assistenza primaria (operando un salto di qualità rispetto al tradizionale concetto di “assistenza di base”) e l’assistenza sociosanitara (è questo un elemento di sostanziale novità rispetto alla normativa precedente), nonché l’assistenza specialistica ambulatoriale. Afferiscono al distretto, inoltre, le tradizionali aree dell’assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, ma il decreto opera uno sforzo di indicazione (attività o servizi per la prevenzione e cura delle tossicodipendenze; attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell’infanzia, della donna e della famiglia; attività o servizi rivolti a disabili e anziani, attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie in fase terminale), nell’intento di ricondurre ad unitarietà un’insieme articolato e spesso frammentario di servizi sanitari e sociosanitari presenti sul territorio. In questo senso opera l’ulteriore indicazione “trovano inoltre collocazione funzionale nel distretto le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale e del dipartimento di prevenzione, con particolare riferimento ai servizi alla persona”.

“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, che qui si riporta per alcune indicazioni di particolare rilievo per il distretto :

  • Coordinamento o coincidenza tra l’ambito territoriale delle zone sociali e quella dei distretti sanitari – Questa norma risulta di particolare rilievo, in quanto la coincidenza tra l’ambito territoriale del distretto e quella della zona sociale può favorire la capacità appartenenza ad una comunità locale, e quindi la costruzione di programmi integrati di tutela della salute e di assistenza alla persona a fronte dei bisogni più complessi ( art. 8, comma 3, lettera a)

o        Coordinamento tra la pianificazione zonale e quella distrettuale: i Comuni afferenti al distretto sanitario predispongono il Piano di zona in accordo con l’azienda USL , così come il d.lgs. 229/99 prevede che il Programma delle attività territoriali del distretto avvenga su parere dei Comuni (Comitato dei sindaci di distretto) per la parte sanitaria, e d’intesa con i Comuni per la parte sociosanitaria. Il coordinamento della programmazione mira a favorire la realizzazione di programmi integrati per il cittadino e di un punto unico di riferimento per la comunità locale (art. 19)

 

Che inserisce, all’allegato 1, un importante disaggregazione del livello “Assistenza distrettuale” in una serie di sotto-livelli, che mirano ad approfondire la conoscenza su tematiche centrali per l’assistenza sul territorio.
Appaiono così, per la prima volta, le diverse tipologie di assistenza sanitaria domiciliare: da quella più semplice di tipo infermieristico; alla presenza programmata a domicilio dei Medici di medicina generale; a quella – ben più complessa – che richiede l’integrazione tra più servizi sanitari e servizi sociali.

Vengono, inoltre, inserite le forme di assistenza residenziale e semiresidenziale, distinte (data la difficoltà di utilizzare denominazioni delle strutture che ancora sono incerte, come RSA, case protette ed altro) in relazione ai destinatari: anziani non autosufficienti; tossicodipendenti o alooldipendenti; persone con problemi psichiatrici; persone disabili; pazienti nella fase terminale; persone con infezione da HIV.

Si conferma, inoltre, l’attenzione all’assistenza sanitaria di base, distinta dalla continuità assistenziale notturna e festiva e dalla guardia medica turistica (ancora, tuttavia, legati unicamente al rapporto numerico paziente-medico, per la difficoltà di rilevare i servizi e le prestazioni riconducibili alla primary care)..  Altre aree sono ormai classiche, come l’assistenza farmaceutica (distinguendo i farmaci essenziali, di fascia A, da quelli parzialmente rimborsabili), l’assistenza integrativa (con fornitura di prodotti o presidi a soggetti con particolari malattie, come il morbo celiaco e il diabete mellito) e quella protesica.

“Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale”. La normativa comporta una riorganizzazione complessiva dell’area della medicina generale ed accentua il ruolo delle Regioni, delle Aziende e delle organizzazioni sindacali nelle loro diverse articolazioni territoriali per stimolare la crescita di una dinamica innovativa che migliori la qualità dell’assistenza e che contribuisca allo sviluppo di una cultura e di un modo di operare teso all’uso appropriato dell’offerta di prestazioni sanitarie. L’ Accordo, inoltre, attua i princìpi affermati sotto vari profili dal decreto legislativo n. 229/1999 che prevede specifiche norme per il coinvolgimento del medico di medicina generale nelle problematiche distrettuali ed in particolare stabilisce nelle premesse che “Il medico di medicina generale partecipa alle procedure di verifica della qualità delle prestazioni, all’individuazione e al perseguimento degli obiettivi del distretto e alla elaborazione di linee guida volte anche alla ottimizzazione dell’uso delle risorse”. (dichiarazioni preliminari). Una quota variabile dello stipendio dei Medici di medicina generale è legata alla sua adesione ad obiettivi del distretto, quali l’Assistenza domiciliare integrata, l’Assistenza domiciliare programmata e l’Assistenza domiciliare nelle residenze sanitarie per gli anziani.

(Finanziaria 2001) – Sul piano organizzativo, la normativa individua il distretto come “centro di responsabilità”, dotato di un proprio budget e connotato da un elevato livello di autonomia . L’art. 86 è dedicato alla “Sperimentazione di budget”, e prevede di assegnare, in via sperimentale, ad uno o più distretti per ogni Regione una dotazione finanziaria complessiva dei MMG, dei PLS, degli specialisti ambulatoriali e convenzionati e dei medici di continuità assistenziale. Si tratta di un vero e proprio “budget di distretto”, da attivare in via sperimentale per poi procedere al monitoraggio puntuale delle relative spese indotte dal Medico di medicina generale e di altre figure professionali, al fine di verificare la compatibilità fra la proiezione di spesa e la dotazione finanziaria “virtuale”. La norma costituisce un tentativo di attribuire al distretto uno strumento di governo, programmazione e di responsabilità della spesa; ma la sua attuazione è stata piuttosto limitata: 6 Regioni, di cui solo una ha allargato la programmazione di budget a tutte le aziende unità sanitarie locali, con esiti finali spesso incerti.

Dedica alla rete territoriale una particolare attenzione, indicando la necessità che si costruisca una rete integrata di servizi sanitari e sociosanitari sul territorio capace di governare i percorsi di cura.

La crescita del sistema sanitario territoriale diviene fondamentale come risposta ad un quadro epidemiologico che cambia, frutto di uno Stato di benessere della popolazione con aumento dell’aspettativa di vita.

Il Piano chiede un forte impegno nella prevenzione (crescita dell’aspettativa di vita “sana” ), ma anche la realizzazione di un sistema di assistenza territoriale, che sappia integrare i diversi nodi della rete, e che avvii il percorso di riorganizzazione dalla valorizzazione della medicina primaria.

Nell’intento di creare un nuovo equilibrare tra le diverse forme di assistenza sanitaria, il Piano indica che bisogna operare un importante passaggio: occorre pervenire ad una assistenza ospedaliera considerata come assistenza extraterritoriale, e non viceversa.

ospedale universoss
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L’ospedale è il luogo di cura riservato alle patologie acute e all’alta tecnologia, e ciò potrà diventare vero quando il territorio sarà realmente capace di essere un forte riferimento per la cronicità, le patologie a lungo decorso, e la personalizzazione dell’assistenza. Il luogo dove l’assistenza si ricostruisce intorno alla persona, in forma flessibile ed appropriata. Tutto ciò risponde ad una esigenza di umanizzazione delle cure, partendo dal luogo di vita della persona, e anche ad una esigenza di sostenibilità dei servizi, operando una razionalizzazione delle risorse. Il Piano pone, a tal fine, una serie di obiettivi, che vanno dal potenziamento dei servizi territoriali, alla creazione di soluzioni organizzative, anche innovative, per l’integrazione tra i nodi della rete.

Sono previsti due progetti prioritari per il territorio:

  • Promuovere il territorio quale sede primaria di assistenza e di governo dei percorsi sanitari e socio-sanitari;
  • Promuovere una rete integrata di servizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani e ai disabili.

L’accordo indica cinque obiettivi prioritari di Piano, che sono finanziati dal Ministero della Salute con risorse vincolate, pari al 3% del Finanziamento complessivo del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’art. 1, comma 34, della legge n. 662/96. Vi sono due obiettivi di particolare rilievo per il distretto: priorità “Cure primarie” e priorità “Rete integrata di servizi sanitari e sociosanitari per la non autosufficienza”.

Contiene un documento allegato, che fornisce indicazioni orientative, non vincolanti per le Regioni, come “schema di riferimento per la costituzione di Unità territoriali di assistenza primaria – UTAP”. Un altro documento è dedicato al Piano di prevenzione attiva, adottato in seguito alla “dichiarazione congiunta Ministero della Salute e Assessorati regionali alla Sanità” adottata al Forum Sanità Futura, Cernobbio, 6 aprile 2004.

Si riportano, in particolare, le norme: équipe territoriali; forme di associazionismo della medicina generale, allegato… sull’assistenza domiciliare

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