13 Maggio 2025
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Infermieri e responsabilità notturne: tra etica professionale, normativa e realtà operativa

Un acceso dibattito si riaccende sul ruolo e sulle mansioni attribuite agli infermieri professionali, oggi laureati. Secondo recenti riflessioni, coloro che sostengono un utilizzo “estensivo” delle competenze infermieristiche dovrebbero seriamente interrogarsi sulla legittimità di alcune mansioni loro assegnate, specialmente alla luce dell’evoluzione normativa e delle attribuzioni storiche della professione.

Un’eredità normativa chiara: l’assistenza di base non era compito dell’infermiere professionale

Già l’Accordo di Strasburgo del 1973, ratificato in Italia con il DPR n. 225/1974, aveva delineato in maniera netta i ruoli all’interno dell’assistenza sanitaria. L’assistenza di base veniva attribuita non agli infermieri professionali, ma al personale generico. Questi ultimi erano figure professionali dedicate alle mansioni più semplici e di supporto, che oggi sono state progressivamente sostituite da figure come gli ausiliari specializzati, OTA (Operatori Tecnici Addetti all’assistenza) e OSS (Operatori Socio-Sanitari).

Tuttavia, l’evoluzione del sistema sanitario e la scomparsa di alcune figure hanno creato una redistribuzione delle competenze che, in alcuni casi, ha portato gli infermieri a svolgere mansioni che non rientrerebbero nel loro profilo formativo e professionale.

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Due visioni a confronto

Il dibattito odierno si concentra su due approcci apparentemente inconciliabili riguardo alle responsabilità degli infermieri in situazioni critiche, come la carenza di OSS durante i turni notturni.

  1. La linea istituzionale e normativa:
    Un bravo infermiere, secondo questa posizione, deve garantire il rispetto del proprio ruolo professionale e richiamare l’attenzione sulle carenze organizzative. Quando manca un OSS, si suggerisce di:
  • Contattare immediatamente la direzione sanitaria reperibile, informandola dell’impossibilità di eseguire le mansioni di base per mancanza di supporto.
  • Informare i familiari del paziente per garantire trasparenza e tutelare il proprio operato.
  • Minacciare, se necessario, di segnalare il caso alla Procura della Repubblica, utilizzando la PEC per formalizzare la comunicazione. Questo approccio non mira a eludere le responsabilità, ma a sottolineare l’importanza di un sistema organizzativo che non scarichi sugli infermieri compiti che non spettano loro. Secondo i sostenitori di questa linea, il demansionamento è un problema reale che deve essere affrontato per proteggere sia i professionisti che i pazienti.
  1. L’etica dell’assistenza prima di tutto:
    Chi sostiene questa visione pone al centro il benessere del paziente. L’infermiere, dicono, è il responsabile ultimo della salute e della dignità del paziente e deve agire di conseguenza, anche se questo significa svolgere mansioni di base.
  • L’assistenza al paziente non deve essere condizionata dalle carenze organizzative.
  • L’etica professionale prevale su ogni altra considerazione, poiché lasciare un paziente in situazioni indecorose è inaccettabile. Questa prospettiva critica chi si appella esclusivamente a regole e normative, accusandoli di favorire un sistema inefficace che penalizza sia i pazienti che i professionisti.

Quale direzione per il futuro?

Il conflitto tra queste due visioni evidenzia problemi più ampi: la necessità di ridefinire i ruoli, di reclutare personale di supporto adeguato e di garantire condizioni lavorative che rispettino le professionalità coinvolte. Il cuore del dibattito resta però invariato: come garantire un’assistenza sanitaria che coniughi qualità, dignità e rispetto delle competenze?


Considerazioni finali

Il dibattito sul ruolo e sulle responsabilità degli infermieri professionali in ambito sanitario non è solo una questione operativa, ma un tema che tocca il cuore stesso dell’organizzazione e della qualità dell’assistenza. Da un lato, c’è il riconoscimento di una professione che, con il tempo, ha acquisito livelli di formazione sempre più alti, attribuzioni più complesse e responsabilità maggiori. Dall’altro, vi è la necessità pratica e talvolta emergenziale di garantire un’assistenza globale al paziente, specialmente in un sistema in cui risorse e personale sono spesso insufficienti.

L’Accordo di Strasburgo del 1973 e il DPR n. 225/1974 rappresentano pietre miliari nella definizione normativa dei ruoli, ma il loro superamento storico ha dato vita a una serie di complessità. L’abolizione delle figure di personale generico e la loro sostituzione con OSS e OTA ha creato un vuoto che, in diverse situazioni, viene colmato dagli infermieri stessi, con un impatto tangibile sulla loro percezione di ruolo e sulle loro condizioni lavorative.

Le due visioni emerse nel dibattito – quella che esige un intervento istituzionale forte per proteggere la professione infermieristica e quella che invece pone l’etica e il paziente al centro di ogni azione – sono emblematiche di questa dicotomia. Da un lato, gli infermieri sono chiamati a difendere la propria professionalità e a spingere per un cambiamento strutturale, attraverso denunce e comunicazioni formali. Dall’altro, c’è chi vede l’intervento immediato e diretto sul paziente come una manifestazione imprescindibile del loro dovere deontologico.

Ma in realtà, la soluzione a lungo termine non può trovarsi solo nella capacità o nella buona volontà degli operatori, bensì in una riorganizzazione sistemica che consenta a tutti i professionisti sanitari di lavorare al meglio delle proprie possibilità. Questo significa:

  • Rafforzare il reclutamento di personale di supporto per coprire mansioni essenziali come l’assistenza di base.
  • Migliorare la distribuzione dei turni e delle responsabilità, evitando situazioni di sovraccarico operativo.
  • Garantire una formazione adeguata e continua, sia per gli infermieri che per il personale di supporto, in modo da favorire la collaborazione e una più chiara definizione dei ruoli.

Infine, è fondamentale che il paziente non perda mai la propria centralità. La dignità della persona assistita deve essere il faro che guida ogni scelta, sia a livello operativo che normativo. Solo attraverso un dialogo costruttivo tra istituzioni, professionisti sanitari e comunità, si potrà costruire un modello di assistenza che valorizzi tutte le figure coinvolte e garantisca la massima qualità nelle cure.


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