Fegato
Il fegato è il più voluminoso dei visceri; esso ha principalmente due funzioni, una di tipo esocrino, in quanto produce un secreto, la bile, che viene immessa nel duodeno attraverso le vie biliari e che ha principalmente una funzione lipolitica, e una di tipo regolativo per l’omeostasi ematica, in quanto riceve il sangue refluo dalla milza e dall’intestino, tenue e crasso, e funziona come un deposito dei metaboliti mantenendo l’omeostasi ematica.
Dov’è si trova il fegato?
Il fegato si trova nello spazio sovramesocolico della cavità addominale, a contatto con il diaframma superiormente, che lo separa dal cuore e dai polmoni, lo stomaco e il colon trasverso inferiormente, e le ultime vertebre toraciche, alle quali si appoggia, posteriormente.
Il suo diametro trasverso è di 26-28 cm, quello anteroposteriore è di 16 cm, l’altezza di circa 8 cm nella parte del lobo destro.
Che forma ha il fegato?
Ha forma di un ovoide a cui è stata asportata una parte con un taglio che va dall’alto verso il basso e dal dietro all’avanti e da sinistra verso destra; ha consistenza piuttosto dura, anche se si lascia facilmente deprimere dagli organi con cui è a contatto, e colorito rosso bruno ed ha un peso medio di 1400-1500 gr, a cui va aggiunto quello del sangue che vi circola, di circa 400-800 gr. Il fegato presenta alla descrizione:
• Una faccia anterosuperiore o diaframmatica: liscia e convessa, guarda in alto ed in avanti è limitata in avanti da margine anteriore ed in dietro dalla riflessione del peritoneo a formare il legamento coronario.
Su di essa si trova inoltre il solco sagittale superiore che si estende dal margine anteroinferiore alla faccia posteriore e segna il punto di riflessione delle due lamine peritoneali a costituire il legamento falciforme.
Il solco sagittale superiore divide la faccia diaframmatica in due parti: il lobo destro, più esteso e convesso, ed il lobo sinistro, più piccolo, che presenta nella parte superiore dei solchi anteroposteriori dette impressioni diaframmatiche, sotto ad esse altre impronte sono lasciate dalle arcate costali; in prossimità del solco sagittale superiore è inoltre presente la depressione cardiaca lasciata dal’apice del cuore.
• Una faccia posteroinferiore o viscerale: leggermente concava volge in basso ed a sinistra.
La sua superficie è molto irregolare e percorsa da tre solchi di cui due sagittali e uno trasverso, teso tra di essi: o Solco sagittale destro: è costituito da un tratto anteriore ed uno posteriore, quello anteriore è ampio raggiunge il margine anteroinferiore a livello dell’incisura cistica e sulla faccia posteriore forma la fossa cistica che accoglie la cistifellea.
Il tratto posteriore prende invece il nome di fossa della vena cava e accoglie la vena omonima. Le due fosse sono separate dal tubercolo caudato, prolungamento del lobo caudato ed il fegato.
o Solco sagittale sinistro: anch’esso diviso in due tratti, quello anteriore, che accoglie il legamento rotondo e raggiunge il margine anteroinferiore determinandovi l’incisura del legamento rotondo; ed uno posteriore che nel feto è occupata dal condotto venoso che nell’adulto persiste formando il legamento venoso. o Solco trasverso: costituisce l’ilo del fegato, è teso tra i due solchi sagittali più prossimo alla faccia posteriore che al margine inferiore. Misura 6-7 cm di lunghezza e 1 cm di larghezza.
Accoglie dall’indietro all’avanti i rami di divisione della vena porta, dell’arteria epatica, i dotti epatici destro e sinistro ed accoglie anche i linfatici del fegato e i nervi del plesso epatico e biliare. Questi solchi individuano nella faccia posteriore del fegato alcune aree:
o Lobo destro: situato a destra del solco sagittale destro, su cui si possono osservare l’impronta colica, anteriormente, data dalla flessura destra del colon, quella renale e surrenale poste posteriormente e quella duodenale, data dalla porzione superiore del tratto discendente del duodeno, che si trova più medialmente di fianco alla fossa cistica.
o Lobo sinistro: a sinistra del solco sagittale sinistro, che si modella sulla piccola curvatura dello stomaco e ne riceve l’impronta; posteriormente ad essa è presente la tuberosità omentale che termina in alto a livello dell’impronta esofagea. o Lobo quadrato:
al davanti del solco trasverso e delimitato ai lati dai due solchi sagittali è in rapporto con la parte pilorica dello stomaco e la prima porzione del duodeno dalle quali viene impresso.
o Lobo caudato: al di dietro del solco trasverso e delimitato ai lati dai due solchi sagittali, si prolunga in basso ed indietro entrando in rapporto con i pilastri del diaframma e circondando la vena cava inferiore.
L’estremità di questa sporgenza si divide in due protuberanze di cui una volge verso sinistra e sporge nel solco trasverso (tubercolo mammillare) ed una nel solco sagittale destro dividendolo nei suoi due tratti (tubercolo caudato).
• Una faccia posteriore o margine posteriore: in rapporto con il diaframma circa nella sua porzione media presenta una profonda incisura data dal rapporto con la 9°, 10° ed 11° vertebra toracica. Su questa faccia si trovano due linee di riflessione dei due foglietti del legamento coronario;
Nella parte centrale le due lamine sono molto distanziate percui la faccia posteriore risulta ampiamente priva di rivestimento peritoneale ed a diretto contatto con il diaframma; procedendo in direzione destra e sinistra i due margini di riflessione si avvicinano fino a riunirsi in corrispondenza dei legamenti triangolari.
• Un margine anteroinferiore: sottile, decorre dall’alto al basso da sinistra verso destra in corrispondenza della 8-9° costa a destra e della 6°-7° a sinistra. Presenta due incisure: una in corrispondenza del solco sagittale destro (incisura cistica) ed una, più ampia, del sagittale sinistro (incisura ombelicale o del legame rotondo). Dall’estremo sinistro si diparte un prolungamento fibroso detto appendice fibrosa del fegato.
• Un margine posterosuperiore: arrotondato delimita la faccia superiore da quella posteriore.
• Un margine posteroinferiore: delimita la faccia posteriore da quella posteroinferiore. I mezzi di fissità del fegato sono dati dalla vena cava inferiore che si fissa superiormente al suo orifizio diaframmatico ed inferiormente, a livello del tratto posteriore del solco sagittale destro, al parenchima dell’organo attraverso le vene epatiche che sboccano nella vena cava stessa in questa posizione.
Un’altro importante mezzo di fissità è il peritoneo che crea la loggia epatica e che da qui si diparte fissando l’organo alle altre formazioni tramite numerosi legamenti:
• Legamento coronario: il più importante legamento sospensore del fegato si estende dalla sua faccia posteriore al diaframma. È formato da due foglietti brevi: uno superiore diviso in due segmenti, destro e sinistro, dal legamento falciforme nelle cui due lamine continuano i due segmenti; ed uno inferiore che decorre accollato a quello anteriore ai due lati me che nella porzione centrale vi si distanzia di 4-5 cm cricondando la vena cava inferiore. Si determina così uno spazio privo di rivestimento peritoneale che si pone a diretto contatto con il diaframma con l’interposizione di uno strato connettivale (legamento dorsale del fegato).
• Legamenti triangolari: destro e sinistro, derivano dall’accollamento delle due lamine del legamento coronario sui due lati. Il destro è molto meno esteso del sinistro che invece va dalla fossa della vena cava inferiore al margine sinistro del fegato ed al cui interno si trovano linfonodi e vene epatiche accessorie.
• Lefamento falciforme: di forma triangolare si estende dal diaframma al solco sagittale superiore. Presenta due margini, destro e sinistro, un apice posto a livello della faccia anteriore della vena cava inferiore, un margine superiore che si inserisce lungo la linea mediana nel diaframma e nell’addome fino all’ombelico, un margine inferiore che si inserisce nel solco sagittale superiore ed una base, libera ed inspessita per la presenza al suo interno del residuo della vena ombelicale che nell’adulto costituisce il legamento rotondo. Il legamento falciforme divide lo spazio tra fegato e diaframma in due spazi interepatofrenici, destro e sinistro.
• Piccolo omento: si estende da solco trasverso alla piccola curvatura dello stomaco e al margine superiore della prima porzione del duodeno. Risulta diviso in due parti: il legamento epatoduodenale, a destra, o pars tensa e il legamento epatogastrico, a sinistra, o pars flaccida. Il legamento epatoduodenale contiene al suo interno le formazioni del peduncolo epatico e talvolta si spinge verso destra e in basso creando il legamento colecistoepatoduodenale. Il legamento epatogastrico rappresenta la continuazione verso sinistra dell’epatoduodenale e contiene al suo interno vasi linfatici ed il nervo epatogastrico, ramo del vago.
• Epatorenale: dalla faccia inferiore del lobo destro del fegato al polo superiore del rene destro e del surrene.
• Epatocolico: va dalla flessura destra del colon alla faccia inferiore del fegato. Vascolarizzazione Il sangue raggiunge il fegato attraverso due correnti di afflusso e lo abbandona attraverso un’unica corrente di efflusso. Le due vie di entrata sono rappresentate dalla vena porta e dall’arteria epatica mentre quelle di deflusso dalle vene epatiche.
• Arterie: il fegato è irrorato dall’arteria epatica che origina dal tronco celiaco decorrendo in avanti e verso sinistra e fornendo come collaterali l’arteria gastrica destra e la gastroduodenale. Entra a questo punto nella compagine dell’ilo epatico decorrendo in avanti ed a sinistra rispetto alla vena porta e in prossimità di esso si divide in due rami: uno destro, di calibro maggiore, che irrora il lobo destro, caudato, quadrato e la cistifellea con il suo ramo cistico; ed uno sinistro, di calibro minore, che invece si divide in rami per il lobo sinistro e quadrato. Da questi rami principali originano le arteriole interlobulari e poi perilobulari che si gettano nei sinusoidi epatici. Ramuscoli irrorano anche le pareti dei vasi, delle vie biliari e della capsula epatica.
• Vene: la via di afflusso venoso al fegato è data dalla vena porta che origina dietro alla testa del pancreas per confluenza della vena mesenterica superiore con la vena lienale (che riceve la mesenterica inferiore).
Da qui si porta in alto, in avanti e verso destra entrando nella compagine del peduncolo mantenendo una posizione posteriori alle altre formazioni.
In prossimità dell’ilo si divide in un ramo destro, di calibro maggiore, che da rami per il lobo destro, caudato e quadrato; ed uno sinistro, di calibro minore, che da rami per il lobo sinistro, caudato e quadrato.
Da questi rami principali si dividono i rami interlobulari e perilobulari, questi ultimi si aprono nei sinusoidi intralobulari. Le vene cistiche sono dirette tributarie del tronco portale.
Esistono poi delle vene porte accessorie, che arrivano al fegato senza peraltro mai sfociare nel tronco principale della vena porta, come le vene del legamento falciforme, le vene cistiche, le vene paraombelicali e quelle del piccolo omento.
La via di deflusso dal fegato è invece rappresentata dalle vene epatiche che si costuiscono per la confluenza delle vene centrolobulari in vene sottolobulari e via via in tronchi sempre più grossi fino alle vene epatiche stesse. Le principali sono le vene epatiche destra, sinistra e mediana che si gettano nella vena cava inferiore a livello della fossa omonima.
La distribuzione di vene epatiche e vena porta all’interno del parenchima epatico consentono di individuare delle zone o segmenti relativamente indipendenti gli uni dagli altri. Questo risulta molto importante in campo chirurgico in caso di epatectomie parziali.
• Linfatici: le vie linfatiche iniziano negli spazi portali dove seguono il decorso il decorso delle vie biliari o dei vasi per gettarsi nei linfonodi ilari oppure delle vene epatiche per raggiungere la vena cava e successivamente, dopo aver superato il diaframma, gettarsi nei linfonodi sopradiaframmatici. Si ha anche una rete linfatica superficiale, subito al di sotto della sierosa peritoneale, che drena ai linfonodi sopradiaframmatici, ilari, preaortici e retroxifoidei (attraverso il legamento falciforme). Innervazione:
• Si forma un plesso epatico anteriore ed uno posteriore. L’anteriore è costituito dal nervo gastroepatico, ramo del vago che origina subito sotto l’orifizio esofageo del diaframma e si porta al fegato tra le lamine del piccolo omento, e dal plesso satellite dell’arteria epatica comune. Il posteriore risulta formato da 2-3 rami del vago destro e raggiungono l’arteria epatica, 3-4 rami del plesso celiaco e del ganglio semilunare destro che formano il plesso biliare portandosi alle vie biliari extraepatiche, da rami che da ganglio semilunare vanno all’arteria epatica e da 3- 4 nervi che si riuniscono a formare il nervo posteriore del coledoco.
Struttura: il fegato esternamente, sotto il rivestimento peritoneale formato da mesotelio e da uno strato sottomesoteliale fortemente aderente alla superficie epatica, è ricoperto da un denso strato di connettivo collagene con rare fibre elastiche.
Questo strato costituisce la capsula fibrosa del fegato al quale risulta fortemente adesa grazie a corti tralci connettivali che invia nel suo parenchima.
A livello dell’ilo, la capsula, si spinge all’interno del fegato seguendo le ramificazioni dei vasi e dei condottini biliari (capsula perivascolare di Glisson) e delimitando così aree più piccole che prendono il nome di lobuli epatici.
Il parenchima avrà così un’architettura labirintica, una complessità che rispecchia quella delle sue funzioni di ghiandola sia esocrina (bile), sia endocrina (glucoso, proteine e lipoproteine secrete nel sangue).
I lobuli appaiono come strutture a forma prismaticopoligonale delimitati da un sottile strato di connettivo derivante dalla capsula fibrosa, hanno diametro di circa 1 mm e altezza di 1,5-2 mm.
Ogni lobulo è formato da numerose lamine cellulari tra loro anastomizzate e perforate per lasciare spazio a capillari sanguiniferi, detti sinusoidi, a decorso tortuoso e radiale dalla periferia verso il centro.
L’asse del lobulo è invece occupata da un vaso venoso, vena centrolobulare, a parete sottile, rigida e cribrata dallo sbocco dei sinusoidi.
Gli spazi connettivali in cui due o più lobuli vengono a contatto prendono il nome di spazi portali o portobiliari, in essi il connettivo perilobulare si addensa intorno alle ramificazioni della vena porta, dell’arteria epatica, del condotto biliare, dei nervi e dei linfatici.
Da qui il sangue contenuto nelle ramificazioni di questi due vasi viene convogliato, attraverso dei piccoli cuscinetti muscolari sfinterici che ne regolano il flusso, nei sinusoidi e da questi alla vena centrolobulare tributaria delle vene epatiche e quindi della vena cava inferiore, il sangue contenuto nei sinuosidi sarà pertanto arterovenoso.
La bile elaborata dagli epatociti invece viene riversata negli spazi intercellulari scavati tra epatociti condinui (capillare biliare) da qui viene convogliata alla periferia del lobulo fino ai canalicoli biliari situati negli spazi portali.
I linfatici sono assenti all’interno del lobulo mentre si trovano negli spazi portali dove drenano i fluidi interstiziali lobulari. I sinusoidi hanno lume ampio e la parete costituita da sottili cellule endoteliali che in esso sporgono solo con la parte contenente il nucleo.
La parete di queste cellule presenta inoltre piccoli pori e, nella faccia rivolta verso il lume, vescicole di pinocitosi e corti microvilli; i pori, grazie anche ad una quasi inesistente membrana basale che continua con il connettivo degli spazi portali, consentono un ricco scambio di metaboliti con gli epatociti attraverso uno spazio tra la superficie degli epatociti ed i sinusoidi che prende il nome di spazio di Disse in cui l’epatocita stesso riversa i suoi prodotti ed in cui si trovano cellule capaci di legare sostanze liposolubili (lipociti).
L’epitelio può risultare interrotto per la presenza di elementi ameboidi sporgenti nel lume è che prendono il nome di cellule stellate di Kupffer, con spiccata attività fagocitaria di materiali corpuscolati;
Hanno struttura simile ai lipociti da cui si differenziano per la sede che è interna al sinuoside e non esterna e non presentano attività fagocitaria. Il modello di lobulo delimitato da una trama periferica di connettivo ed al centro la vena centrolobulare prende il nome di lobulo classico, a questo si affiancano anche altri due tipi di modello di organizzazione del parenchima:
• Lobulo portale: è un territorio, di forma triangolare con al centro il canalicolo biliare e delimitato perifericamente da una linea immaginaria che unisce tre vene centrolobulari, che sottolinea la funzione esocrina del fegato in cui, seguendo questo modello, il sangue scorre in direzione centrifuga (dal centro alla periferia) mentre la bile in direzione centripeta.
• Acino epatico: la più piccola parte di parenchima epatico capace di autonomia funzionale, ha forma quadrangolare, è irrorata da un ramo terminale della vena porta e dell’arteria epatica e da un canalicolo biliare. Gli epatociti hanno forma poliedrica e sono disposti a formare lamine unicellulari tra loro anastomizzate e circondate dai sinusoidi;
le facce che sono rivolte verso questi ultimi prendono il nome di poli vascolari, quelle a contatto con altre cellule circostanti sono invece dette poli biliari in quanto delimitano i capillari biliari. I poli vascolari presentano piccole vescicole di pinocitosi e corti microvilli che sporgono nello spazio di Disse. Si realizza così un labirintico sistema di spazi intercellulari in cui circola liberamente un prodotto filtrato del sangue e delle attività metabolitiche epatiche che, scorrendo verso la periferia del lobulo, si versa in uno spazio delle aree portobiliari delimitato da fibre collagene, detto spazio di Mall. Questi fluidi interstiziali contribuiscono quindi alla formazione della linfa e sono drenati dai vasi linfatici delle zone portali. I poli biliari risultano invece pianeggianti tranne per una depressione centrale coperta di microvilli che, fronteggiandone una uguale sulla superficie dell’epatocita opposto, delimita un capillare biliare; il resto delle due superfici presenta stretti quadri di chiusura che impediscono il reflusso della bile negli spazi di Disse.
Le superfici vascolari, a funzione sia secretiva che di assorbimento, risultano sempre più ampie di quelle biliari che hanno invece solo funzione secretiva.
Al loro interno gli epatociti presentano numerosi lisosomi e sviluppato complesso del Golgi lacalizzati ai poli biliari dove sono coinvolti nei processi secretivi;
il reticolo endoplasmatico, nelle sue due forme, è molto sviluppato e fondamentale nella produzione di enzimi per i processi di glicogeno lisi, sintesi del colesterolo e degradazione di farmaci liposolubili. I mitocondri sono numerosi e con lunghe creste, il nucleo voluminoso contiene uno o più grossi nucleoli ed ha scarsissima attività mitotica, sono inoltre presenti nel citoplasma elementi legati al metabolismo cellulare come inclusi di natura lipidica o pigmenti biliari. Tutti gli epatociti di un lobulo sono in grado di svolgere le attività caratteristiche dell’organo anche se si è scoperto che le cellule più periferiche hanno attività maggiore di quelle intermedie e di quelle più interne che hanno scarsa attività; questo perchè quelle periferiche sono più avvantaggiate nel ricevere sangue arterioso ricco di metaboliti ed ossigeno.