Le Filippine hanno respinto categoricamente la raccomandazione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (HRC) di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, nonché di consentire l’aborto e il divorzio.
Negato anche il diritto all’aborto per le donne, un diritto importante che in uno stato civile non dovrebbe mancare per un fatto di civiltà.
Queste rimostranze sono state avanzate dagli altri Stati membri delle Nazioni Unite durante l‘Universal Periodic Review (UPR) a Ginevra.
L’UPR è un meccanismo di revisione tra pari che valuta regolarmente la promozione e la tutela dei diritti umani nei 193 Stati membri delle Nazioni Unite.
Filippine negato diritto all’aborto
Il Segretario alla Giustizia Jesus Crispin Remulla ha dichiarato che le raccomandazioni a favore dell’aborto formulate dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite la scorsa settimana a Ginevra sono “inaccettabili.
Questo si può spiegare con il fatto che le Filippine sono un Paese a maggioranza cattolica. Si sa che la religione cattolica condanna l’aborto, e questo influenza anche le decisioni politiche di questo paese.
Lo stesso discorso vale per matrimonio tra persone dello stesso sesso, come per il divorzio.
Questo amore per la religione cattolica è così forte e radicata nella cultura filippina a tal punto che durante le festività di Pasqua, in alcune isole viene rappresentata la flagellazione della via crucis di Gesù.
E quando dico “rappresentata” intendo che persone reali vengono davvero flagellate (ovviamente nei limiti). True story.
Le autorità filippine hanno infatti imposto un programma capillare definito di “promozione della salute riproduttiva”. Il disegno di legge mira in realtà essenzialmente a ridurre il numero di nascite nel Paese. Attualmente il tasso medio di natalità è di 3 figli per donna e l’obiettivo è di ridurlo a 2.
La promulgazione nel 2012 della Legge sulla genitorialità responsabile e sulla salute riproduttiva avrebbe dovuto inaugurare una nuova epoca per la salute riproduttiva per tutte le donne, gli uomini e i giovani. Ma sono stati in molti a opporsi, presentando e imponendo modifiche al testo. E di fatto gli emendamenti alla legge poi promulgata limitano i benefici per i giovani che hanno bisogno del permesso scritto di un genitore prima di ricevere la consulenza e i servizi di un consultorio pubblico.
Ma anche prima della promulgazione della legge del 2012 i giovani avevano difficoltà ad accedere alla contraccezione, a causa soprattutto del sistema valoriale di chi lavorava nei consultori pubblici e privati.
Ora resta la difficoltà nel reperire alcuni tipi di contraccettivi, perché una misura introdotta dalla Corte Suprema vieta al Dipartimento alla Salute di fornire impianti contraccettivi, con il pretesto che non hanno i permessi necessari alla vendita, oppure che questi permessi sono scaduti e non sono stati rinnovati.
Di conseguenza, nelle Filippine alcuni contraccettivi sono difficilmente reperibili oppure mancano del tutto. E ciò rappresenta una violazione del diritto alla salute delle donne.
Infatti mentre le donne e gli uomini filippini credono nel valore della pianificazione famigliare, la Chiesa cattolica continua a esercitare una notevole influenza sul governo e sull’opinione pubblica, riuscendo così a mandare a monte numerose iniziative a favore della contraccezione.
Non solo la Chiesa è contraria nelle Filippine al diritto all’aborto, ma contrasta anche il diritto di prendere contracettivi.
Questo è un diritto necessario per il controllo delle nascite nella coppia. E aiuterebbe a migliorare le condizioni delle famiglie nelle fasce più a disagio per povertà e ignoranza.
Perché vedere i figli come dono di Dio è una benedizione è legittimo, come è legittimo decidere quando averli o meno.
Il diritto alla procreazione cosciente e responsabile è sacrosanto. Ma la Chiesa lotta a sfavore dei contracettivi con le sue campagne, e questo è un colpo basso nei confronti di tutte le coppie.
Non solo Filippine nelle negato diritto all’aborto, anche a Malta è vietato, ma forse si fanno progressi.
Non solo nelle Filippine è negato diritto all’aborto, anche a Malta sull’aborto si sta giocando una partita molto delicata: attualmente è vietato, ma una modifica, proposta dal governo alla legge vigente in materia consentirebbe di abortire non solo quando vi fosse un pericolo di vita della madre, bensì, più genericamente, quando fosse in gioco la sua salute.
Finalmente un passo avanti nel progresso, ma con questo non è d’accordo il Presidente in carica, George Vella, che ha dichiarato di volersi dimettere nel caso il Parlamento approvasse tale modifica.
Già lo scorso Luglio, quando era stata approvata in sede parlamentare un’altra normativa, quella che consente ai medici di eseguire test genetici sugli embrioni ottenuti da fecondazione in vitro, il presidente Vella, per evitare di firmarla, era volato nel Regno Unito, lasciando al suo sostituto, Frank Bezzina, questo compito. Per questo venne anche accusato di essersi sottratto ad un suo dovere istituzionale.
Il presidente Vella è un medico è ragiona come un dottore obiettore: per questo è irremovibile nella decisione di andarsene, piuttosto che avallare tale normativa.
L’emendamento proposto al codice penale dovrebbe essere votato dal Parlamento entro il prossimo 19 dicembre, dopodiché, per essere convertito in legge, dovrebbe essere firmato dal Presidente.
Che probabilmente non ci sarà più. Se Vella si dimettesse, sarebbe il primo caso nella storia di Malta.