9 Maggio 2024

osteoporosi

Osteoporosi

L’osteoposi: la malattia delle ossa.

L’osteoporosi senile è una malattia degenerativa delle ossa, caratterizzata da una progressiva riduzione del tessuto osseo.
Questa condizione colpisce prevalentemente le donne, a causa degli squilibri ormonali che seguono alla menopausa, tuttavia può essere associata anche ad altre malattie quale l’ipertiroidismo, iperparatiroidismo, carenze alimentari e all’assunzione cronica di cortisonici.

Osteoporosi : rischio di fratture

L’impoverimento della struttura dell’osso comporta una diminuzione alla resistenza alle pressioni, alle trazioni e ai traumi e di conseguenza aumenta il rischio di frattura, sopra tutto a livello della testa e del collo del femore e dei corpi vertebrali dorsali e lombosacrali. L’osso é un tessuto in continuo rimodellamento e formazione. Nei soggetti giovani la quantità di osso distrutto è uguale alla quantità di osso neoformato, cosi che la quantità totale di tessuto osseo rimane costante. Cio non accade più nei soggetti di età avanzata o affetti dalle patologie e/o fattori di rischio sopra elencati.

osteporosi
osteoporosi

Anche se oggi l’osteoporosi è considerata un corollario quasi ineludibile della menopausa (un dato tutto da verificare), episodi di decalcificazione possono manifestarsi, anche nei giovani, per alimentazione scorretta, altre malattie e dall’immobilità, sia quella dovuta a un blocco obbligato (come durante un’ingessatura), sia quella determinata da scarsa attività fisica.

Quale che sia l’origine, in caso di osteoporosi il percorso risultato più efficace sul piano clinico, nella nostra esperienza, è il seguente:

Prima della visita medica, effettuazione di un test Recaller o BioMarkers.
Visita medica con analisi degli esami effettuati in precedenza e valutazione della necessità di effettuare ulteriori accertamenti (sovente risulta utile avere un’indicazione dell’assorbimento intestinale mediante esame delle feci).
Consulto nutrizionale a integrazione della visita medica, per mettere a punto le correzioni alimentari più efficaci.
Follow-up a distanza: controllo nutrizionale a 6 mesi, controllo medico dopo un anno.
Eventuale rivalutazione delle reattività ad alimenti attraverso test Recaller o BioMarkers a distanza di 8-12 mesi.

 L’osteoporosi rappresenta la più frequente malattia metabolica dello scheletro, caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da una alterazione della microarchitettura cui consegue un aumento della fragilità e della suscettibilità alle fratture.

Già da parecchio tempo è stata verificata una familiarità per l’osteoporosi, tuttavia solo negli ultimi anni sono iniziati studi volti a identificare e caratterizzare le componenti genetiche di tale malattia. Il picco di massa ossea che si osserva tra i 20 e 30 anni di età è determinato in gran parte da fattori genetici come pure la velocità con cui si riduce la massa ossea in seguito alla menopausa o all’invecchiamento. Inoltre durante la vita si possono accumulare fattori di rischio ambientali che possono risultare determinanti per l’insorgere della malattia.

Dunque la patogenesi dell’osteoporosi è il risultato di complesse interazioni fra predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali. I fattori genetici giocano un ruolo importante nella patogenesi dell’osteoporosi e sono rappresentati dal pool di geni che regolano l’espressione dei caratteri legati allo sviluppo della patologia (massa e microarchitettura ossea). I fattori ambientali comprendono abitudini alimentari (introito di calcio e vitamina D), consumo di alcool, tabacco e caffè, attività fisica, assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo fosfo-calcico ed esercitano soprattutto un effetto selettivo sulle caratteristiche genetiche dell’individuo. Infatti, nonostante siano evidenti diverse influenze ambientali su determinazione e mantenimento della densità minerale ossea (BMD), studi su gemelli e famiglie osteoporotiche indicano che il contributo genetico alla patogenesi dell’osteoporosi è responsabile del 75-85% della variabilità interindividuale della BMD.

osteoporosi
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Polimorfismi genetici associabili all’osteoporosi

La caratterizzazione dei marcatori genetici legati all’ereditarietà di una bassa densità minerale ossea potrebbe permettere di identificare precocemente gli individui suscettibili a sviluppare osteoporosi. In questo modo si potrebbe attivare una prevenzione mirata con terapie specifiche e modifiche allo stile di vita, tali da ridurre al massimo il rischio ambientale negli individui geneticamente predisposti a sviluppare la malattia.

Dal 1995 ad oggi sono stati iniziati diversi studi atti ad identificare e caratterizzare polimorfismi in diversi geni correlati al metabolismo osseo: tali analisi hanno lo scopo di evidenziare correlazioni tra la presenza di una determinata variante allelica e una situazione di ridotta densità di massa ossea. Diversi polimorfismi sono stati sino ad ora identificati ed analizzati: all’interno dei geni che codificano per ilrecettore della vitamina D (VDR), Collagene IA1 (COLIA1), recettore della calcitonina (CTR) erecettore degli estrogeni (ESR). I risultati ottenuti da questi studi permettono di affermare che l’osteoporosi è una malattia poligenica, quindi una determinazione più certa della predisposizione alla malattia richiede l’analisi dei diversi polimorfismi.

Elenco dei geni investigati e delle varianti genetiche studiate

Gene analizzato Varianti genetiche studiate Ruolo del gene nell’insorgenza delle patologie cardiovascolari
VDR Fok1 (ATG ®ACG codon 1) METABOLISMO OSSEO E OSTEOPOROSI
BsmI (A-G introne 8)
TaqI (T-C esone 9)
COLIA1 Intr. 1 2046 G-T
CTR Pro463Leu
ESR1 PvuII (IVS1-397 T/C)
XbaI (IVS1-351 A/G)

Recettore della Vitamina D (VDR): polimorfismi Fok1, BsmI, e TaqI

La Vitamina D promuove l’assorbimento intestinale e renale del calcio ed è indispensabile per lo sviluppo ed il mantenimento della massa ossea. La vitamina D è anche coinvolta nei processi di controllo della proliferazione e della differenziazione cellulare, nonchè nella immuno-modulazione. Nel sistema immunitario, ad esempio, la vitamina D promuove la differenziazione dei monociti ed inibisce la proliferazione dei linfociti attraverso l’increzione di citochine come IL-2 , l’IL12 e l’ interferon ”“γ. In alcuni tipi di cellule di carcinoma, la vitamina D ha dimostrato un’attività antiproliferativa.

Gli effetti della Vitamina D sono mediati dal suo recettore nucleare (VDR), che forma un complesso eterodimerico con il recettore dell’acido retinoico ed interagisce con i fattori di trascrizione. VDR (12q12-14) codifica per una proteina di 427 aminoacidi (aa), che regola il trasporto e l’omeostasi del calcio ed è stato proposto come il locus a maggior effetto genetico sulla BMD negli studi di associazione. Sono presenti diversi siti polimorfici nella regione 3’ del gene umano VDR identificati dalle endonucleasi di restrizione TaqI e BsmI, ed un’altra variante polimorfica, riconosciuta da FokI, a livello del presunto codone di inizio della trascrizione nell’esone 2. Gli alleli vengono rispettivamente chiamati T-t, B-b e F-f: le lettere minuscole identificano la presenza del sito di restrizione e le lettere maiuscole indicano l’assenza di tale sito. Tali polimorfismi possono condizionare la risposta a vari componenti dietetici con possibili rischi di sviluppo di patologia.

È ormai ampiamente dimostrato un coinvolgimento funzionale degli alleli del VDR nell’omeostasi del calcio e nella mineralizzazione dell’osso. Gli studi iniziali hanno consentito di riscontrare l’interazione tra il gene del VDR, l’assorbimento di calcio e i livelli di calcio nella dieta. Le variazioni alleliche del gene VDR spiegano per il 70% gli effetti genetici sulla densità ossea.

Il polimorfismo Fok1 consiste in una sostituzione nucleotidica T-C a livello del codone di inizio della traduzione del gene VDR (ATG®ACG). Tale polimorfismo determina la traslazione di tre aminoacidi dal sito d’inizio della traduzione del gene con conseguente alterazione della relativa proteina, mancante di tre aminoacidi. Il nucleotide T viene anche definito allele f, mentre il nucleotide C viene definito allele F. La combinazioni di questi alleli puo produrre i genotipi ff (TT), Ff (CT) e FF (CC). Il genotipo FF (forma corta) provoca un aumento dell’attivazione della trascrizione. Il genotipo ff è stato associato ad una bassa BMD lombare in donne Ispano-Americane in età postmenopausale, Giapponesi, Nordamericane e Italiane.

Anche i fattori ambientali, come l’assunzione di calcio giornaliero, possono modulare gli effetti dei genotipi di FokI sulla BMD. I risultati ottenuti da tutti questi studi di associazione mostrano come i polimorfismi di VDR da soli non siano marcatori genetici utili per assegnare il rischio di Osteoporosi, sebbene risultino molto utili per spiegare la variabilità della BMD osservata nella popolazione.

osteoporosi
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Il polimorfismo BsmI, localizzato nell’introne 8 del gene VDR e consistente in una variazione nucleotidica A-G, è associato invece alla variazione della stabilità del trascritto e ad una diminuzione dei valore della BMD. Il nucleotide A viene anche definito allele B, mentre il nucleotide G viene definitoallele b. La combinazioni di questi alleli puo produrre i genotipi BB (AA), Bb (AG) e bb (GG).I valori di densità più elevati sono risultati a carico dell’allele b, mentre il meno frequente allele B è risultato associato con valori di BMD inferiori. Quindi il genotipo BB predisporrebbe ad un basso livello di massa ossea. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che il genotipo BB predispone ad un ridotto assorbimento di calcio a livello intestinale.

Il polimorfismo TaqI, localizzato nell’esone 9 del gene VDR, a livello del codone 352, consiste in una variazione nucleotidica T-C. . Il nucleotide T viene anche definito allele T, mentre il nucleotide C viene definito allele t. La combinazioni di questi alleli puo produrre i genotipi TT (TT), Tt (TC) e tt (CC).Tale polimorfismo è stato associato ad un aumento del turnover delle cellule ossee con conseguente aumento del rischio di una ridotta BMD ed osteoporosi.

Diverse altre patologie sono state correlate alla associazione con i suddetti  polimorfismi nel gene VDR, tali da poter influenzare l’espressione o la funzione della proteina. In particolare, tali polimorfismi (Fok1,BsmI, e TaqI), possono condizionare la risposta a vari componenti dietetici con possibili rischi di sviluppo di patologia. In letteratura sono noti alcuni lavori che correlano l’associazione del polimorfismo VDR Fok1 con il genotipo FF, con il rischio di sviluppo del carcinoma del colon, in rapporto all’apporto di calcio e grasso nell’alimentazione. In particolare, è stato evidenziato come, sebbene il calcio o il grasso alimentari non correlano normalmente con il rischio di sviluppo di carcinoma del colon nei soggetti con genotipo FF, in quelli con genotipo a combinazione allelica multipla ff/Ff, un diminuito apporto del calcio o del grasso nell’alimentazione aumenterebbe tale rischio. Per individui con genotipo ff e dieta povera di grasso e calcio, il rischio di sviluppo del carcinoma del colon era di circa 2.5 volte maggiore rispetto agli altri. Morrison et al. (1994) 367(6460):284-7. Arai (1997) J Bone Miner Res 12, 915  

Collagene di tipo I (COLIA1): polimorfismo introne 1 2046G-T

Il collagene di tipo I è il è il maggiore componente organico (90%) della matrice ossea. Nei soggetti osteoporotici le catene collageniche sono normali, tuttavia è stato identificato un polimorfismo nel sito regolatore del gene COLIA1 che sembra essere più frequente rispetto ai controlli normali. Questo polimorfismo, che si trova nel sito di legame per la trascrizione del fattore SP1 nel primo introne del COLIA1, risulta associarsi non solo con la massa ossea ma anche con le fratture osteoporotiche in diverse popolazioni caucasiche. Questo fa sì che il COLIA1 acquisti particolare interesse, dal momento che l’associazione con le fratture è più forte di quella tra genotipo e massa ossea. È da sottolineare anche che questo polimorfismo è pressoché assente nelle popolazioni dell’Asia e dell’Africa, dove peraltro più bassa è l’incidenza di fratture osteoporotiche.

Diversi studi sul COLIA1 dimostrano che l’effetto genetico del COLIA1 è fortemente associato con i valori di massa ossea ridotti e la relazione appare più stretta a livello della colonna. In particolare l’allele T (s), sia in eterozigosi G/T (Ss) che in omozigosi T/T (ss)appare più frequente nei soggetti con osteoporosi grave associata alle fratture vertebrali. Pertanto è stato suggerito che il COLIA1 possa predisporre alle fratture influenzando altri determinanti del rischio fratturativo come la qualità dell’osso o la geometria dello scheletro. Non è da escludere che i soggetti più a rischio con genotipo ss abbiano un’alterata produzione di collageno con conseguente riduzione del picco di massa ossea e probabilmente dello spessore delle trabecole. L’ipotesi che il genotipo ss si associ a un’alterata produzione del collageno risulta peraltro in accordo con precedenti dati istomorfometrici secondo i quali i soggetti con fratture vertebrali hanno una ridotta capacità di formazione ossea. Grant (1996) Nat Genet 14, 203

Recettore della calcitonina (CTR): polimorfismo PRO463LEU  

Un altro gene più recentemente studiato nell’osteoporosi è quello del recettore della calcitonina (CTR). La calcitonina è un ormone implicato nel riassorbimento dell’osso e agisce attraverso specifici recettori presenti in largo numero sugli osteoclasti. E’ stato identificato un polimorfismo del gene del CTR consistente in una variazione nucleotidica C-T a livello del codone 463 (PRO463LEU). Tale mutazione è stata associata, in condizioni di omozigosi (genotipo TT, 463LEU) a riduzione della massa ossea. Masi (1998) Biochem Biophys Res Commun 248, 190

Recettore Estrogenico 1 (ESR1): polimorfismi PvuII (IVS1-397 T/C) e XbaI (IVS1-351 A/G)

Gli estrogeni sono indispensabili per l’acquisizione del picco di massa ossea in entrambi i sessi e per il suo mantenimento negli adulti. Condizioni patologiche associate ad un deficit prematuro degli estrogeni accelerano la perdita della massa ossea. Il deficit estrogenico è la causa principale d’Osteoporosi postmenopausale e gioca un ruolo importante anche nell’Osteoporosi senile, causando in entrambi i casi una maggiore incidenza di fratture dovute alla fragilità delle ossa. Le due isoforme del recettore estrogenico (ER-beta e ER-alpha) sono codificate da due geni diversi (ESR2 e ESR1)  con distribuzione tessuto specifica e hanno capacità diverse nel legare il ligando (estrogeni ed antiestrogeni) e nell’attivazione della trascrizione dei geni bersaglio. Diverse osservazioni mostrano il coinvolgimento di questi recettori nella determinazione della BMD in entrambi i sessi. Nel gene ESR1 (6q25) sono stati descritti diversi polimorfismi, ma tutti gli studi di associazione si focalizzano su 2 di essi, localizzati a livello delll’introne 1 (riconosciuti da PvuII e XbaI e chiamati rispettivamente P-p e X-x, in base alla presenza o assenza del sito di restrizione).

Il polimorfismo PvuII è  localizzato nell’introne 1 del gene ESR1 e consiste in una variazione nucleotidica T/C in posizione -397. Il nucleotide T viene anche definito allele p, mentre il nucleotide C viene definito allele P. La combinazioni di questi alleli puo produrre i genotipi pp (TT), Pp (CT) e PP(CC). Il genotipo PP è associato ad una disfunzione recettoriale con ridotta risposta agli estrogeni endogeni, una BMD più bassa ed un maggiore rischio di Osteoporosi.

Il polimorfismo XbaI è  localizzato nell’introne 1 del gene ESR1 e consiste in una variazione nucleotidica A/G in posizione -351. Il nucleotide A viene anche definito allele x, mentre il nucleotide G viene definito allele X. La combinazioni di questi alleli puo produrre i genotipi xx (AA), Xx (GA) e XX(GG). E’ stata riscontrata un’associazione tra il genotipo XX un maggiore rischio di frattura attraverso un meccanismo BMD-indipendente.  

 

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